Che cosa gli chiederesti?


Ancora un guest post de L’Eterno Assente. Mattia Fabbri, docente di storia e filosofia, risponde a una domanda che tanti atei si sono sentiti porre.


Una delle domande che i credenti rivolgono più spesso agli atei è: «Che cosa faresti o diresti a Dio se, dopo morto, scoprissi che esiste?». Ricalca un po’ la vecchia scommessa pascaliana – quello che io chiamo «argomento del non-si-sa-mai» – e in genere fa presa sulle persone con un livello di istruzione molto basso e incapaci di scrollarsi di dosso i condizionamenti dell’indottrinamento religioso infantile. La domanda è comunque viziata da un sottinteso: l’unico Dio possibile, con cui l’ateo dovrà fare i conti, è quello creduto dal credente di turno. Così trascurando il fatto che ci sono migliaia di religioni e rispettive divinità differenti, ciascuna con la propria volontà, spesso in contrasto una con l’altra. Il credente che pone la domanda non immagina – o non vuole immaginare – che, seguendo la sua stessa «logica», anche lui potrebbe, dopo la morte, trovarsi davanti a un Dio – o magari a più dei? – in cui non ha creduto.

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